Thief – Provato

Articolo a cura di Alessandro Arndt Mucchi
Milano – E torniamo ad incontrare il buon Garret, protagonista di Thief, grazie all’invito di Halifax che ci permette di mettere le mani su una build quasi definitiva della produzione Eidos Montreal  . Il distributore tricolore del titolo ci ha fatto accomodare davanti ad una PlayStation 4, in una saletta debitamente addobbata per l’occasione, dandoci modo di apprezzare le peculiarità offerte dalla nuova ammiraglia Sony (niente più che qualche dettaglio in realtà, come l’utilizzo dei sensori di movimento e del led posto sul controller) ma soprattutto di scoprire cosa è cambiato dal nostro ultimo incontro con il simulatore di ladro. Abbiamo terminato la nostra prova con la sensazione di avere giocato ad una produzione di buon livello, sebbene non priva di qualche punto di domanda che dovrà essere indagato a fondo in sede di recensione, continuate a leggere per scoprire di cosa stiamo parlando!
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Il ladro sul tetto che scotta
Liquidiamo rapidamente la descrizione della trama, rimandandovi alla nostra scorsa anteprima per un maggiore approfondimento, dicendo che Garret, il protagonista, è un ladro che opera tra vicoli e tetti di una cittadina strangolata dalla violenta oppressione del villain della situazione. Non vogliamo dire di più per non rovinare il piacere della scoperta, anche perché già dopo un’oretta di gioco le cose si fanno più complicate e si iniziano a intravedere sviluppi non telefonati, e poi perché un titolo del genere ha il suo cuore nel gameplay, ed è su questo che abbiamo preferito concentrarci durante la prova. Garret, mosso dal giocatore in prima persona, gode di un set di movimenti tutto sommato fluidi anche se certo non siamo di fronte ad un Ezio, o un Connor, e questo lo vediamo soprattutto nelle interazioni con l’ambiente. Ci viene presentato un limitato ventaglio di possibilità sul fronte dell’esplorazione e, sebbene sia un ventaglio sufficiente nella maggior parte dei casi, non mancano le occasioni che fanno rimpiangere una maggiore mobilità. Prendiamo le frecce con la corda per esempio: in determinati punti è possibile utilizzarle per creare un percorso verticale, ma soltanto quando il level design lo prevede, lasciando perplessi quando si prova ad uscire dalle opzioni ideate dagli sviluppatori. Il punto è che ci viene concessa una determinata abilità, che poi ci viene limitata senza una spiegazione coerente, cosa che succede anche quando si utilizza il rampino, relegato a specifici punti d’interazione.
Il risultato di queste scelte è di creare dei livelli che altro non sono se non puzzle da risolvere, magari in due o tre maniere diverse, ma sempre indovinando una delle soluzioni proposte e mai creandone di proprie. Un’impostazione decisamente “old school”, non per forza negativa, che va però contro la generale tendenza dell’industria di dare sempre maggiore libertà al giocatore.
Tra medioevo e steampunk vittoriano
La direzione artistica di Thief ci ha conquistati fin dai primissimi momenti passati in sua compagnia con uno stile non immediatamente ascrivibile ad una macro categoria che ne racconti ogni particolare. A volte siamo tra costruzioni in mattoni, cantine che paiono catacombe, mentre l’attimo dopo stiamo saltando tra le tegole di quella che potrebbe essere una metropoli vittoriana con influenze steampunk, per un mix indovinato e personale che riesce a convincere il giocatore stimolandone la curiosità. Il gameplay, come dicevamo, è quello di uno stealth puro con particolare attenzione verso le ruberie, del resto il nostro eroe fa il ladro di mestiere, e più o meno tutte le missioni ci richiedono di recuperare questo o quell’oggetto prezioso. I ladri non hanno molti amici, ma quei pochi personaggi che conoscono ricoprono un rulo fondamentale, un po’come Basso, il procacciatore di missioni che arricchirà l’offerta ludica permettendoci di uscire dalla quest principale per guadagnare monete extra. Così come l’aspetto tecnico grafico ed artistico del titolo ha saputo convincerci, anche sul fronte audio possiamo dirci più che soddisfatti da quanto incontrato a Milano: buoni effetti, buone musiche ed un doppiaggio in italiano ben recitato ad impreziosire il tutto. 
Commento finale
Dal nostro ultimo incontro con la produzione Eidos Montreal non è che siano cambiate molte cose. Ancora abbiamo un’esplorazione limitata, ancora abbiamo un gameplay che non offre molta libertà al giocatore, ma ancora abbiamo anche una sontuosa realizzazione artistico tecnica ed un’ottima atmosfera. L’impressione, che potremo confermare solo con la recensione, è quella di avere giocato ad un titolo che troverà sicuramente i suoi estimatori, ma che difficilmente potrà convincere un pubblico più giovane e abituato ad un gameplay più moderno.