Glasshouse: un lockdown condominiale all’alba di un conflitto nucleare | Intervista a Giacomo Montagnoli

Come reagireste se, di punto in bianco, vi foste detto che il domani – letteralmente – vedrà il lancio di una bomba nucleare e con esso l’inizio della Terza Guerra Mondiale? Cosa fareste se non vi foste data altra possibilità che chiudervi nel vostro appartamento, sopravvivendo come potete all’incertezza?

Pallide nubi avvolgono il feudo di Lundonstoch da quando l’unione terrorista CoFoPo ha minacciato di utilizzare la bomba atomica. La città è paralizzata, in lockdown. Voi siete Wealdmaer, inquilino dell’appartamento 28, coinquilino di Ecgberth e Voitsehk, nonché unico mediatore di pace in una relazione condominiale le cui sfumature si varanno spesso nebulose e violente. Quando le risorse scarseggeranno e le tensioni cresceranno inevitabilmente, la speranza di sopravvivenza sarà unicamente aggrappata alle vostre azioni. Non sottovalutate lo spettro delle causalità, non c’è alcun destino dietro cui nascondersi, solo responsabilità e conseguenze.

Questo è ciò che vi aspetta in Glasshouse, survival CRPG post-apocalittico sviluppato da FLAT28: un mondo in cui il sistema economico-sociale post-capitalista è agli sgoccioli mentre una silenziosa rivoluzione si sta preparano ad abbatterlo. L’unico problema è che voi siete dalla parte sbagliata della barricata questa, incastrati in un ruolo che non avreste voluto ma da cui non dipendente soltanto voi.

Alla Milan Games Week abbiamo avuto la possibilità di intervistare Giacomo Montagnoli, director del gioco, e vedere una lunga demo in azione. Lasceremo sia lui a raccontarvene la genesi e alcuni dei suoi punti di forza, per un’esperienza che oscilla tra Disco Elysium, Carnage di Roman Polanski e le opere di Andrej Tarkovskij – tutte fonti di ispirazione per la realizzazione di Glasshouse.

Un survival CRPG condominiale, dove ogni scelta conta

Ho osservato attentamente la demo mentre veniva giocata ma vorrei lasciare le introduzioni a te.

Assolutamente. Io sono Giacomo Montagnoli e sono il Director di Glasshouse, un survival CRPG ambientato un giorno prima di un conflitto nucleare in quello che potremmo definire un lockdown condominiale. La storia ruota attorno a questa decina di residenti che si ritrovano di colpo bloccati all’interno dell’edificio per paura dell’imminente esplosione atomica che è stata comunicata dai telegiornali. L’ispirazione iniziale viene da Sacrificio, di Andrej Tarkovskij (1986) in cui la televisione annuncia improvvisamente l’arrivo di una catastrofe e raccomanda alla popolazione di rimanere in casa. Non mancano poi riferimenti a Carnage di Roman Polanski, il tutto per mettere insieme quello che noi chiamiamo “thriller condominiale”: si vocifera infatti che all’interno del condominio ci sia una spia del Paese che sta per attaccare Lundonstoch, perciò nel giocatore si instilla fin da subito questo seme del dubbio alimentato sia dal fatto di non sapere davvero se questa spia c’è o no, sia dal sospetto che possa essere uno dei due inquilini con cui peraltro si andrà a fare squadra. In Glasshouse il giocatore sarà chiamato a risolvere alcune parte di una cospirazione ben più grande – una sorta di scena del crimine dalla quale non si può fuggire.

Hai detto che il gioco è ambientato un giorno prima della supposta esplosione di questa bomba nucleare. Quindi l’esperienza si risolve nell’arco di questa giornata o arriveremo anche al fatidico giorno dopo? Oppure…

Non posso ancora rivelarlo ma contiamo di lasciarvi piuttosto col fiato sospeso.

Ci ho provato. Tornando alle fonti di ispirazione. Ne hai citate alcune, e a me viene inevitabilmente in mente anche Disco Elysium, ma dove altro avete guardato per trovare i giusti riferimenti sia a livello estetico sia ludico?

Tra le fonti di ispirazione più grandi ci sono di sicuro Pathologic, This War of Mine e il già citato Disco Elysium per quanto riguadrda l’aspetto ludico; l’Europa dell’Est è stata senza dubbio d’ispirazione. Passando invece a quelle letterarie troviamo ad esempio i racconti di Thomas Pynchon, mentre sul cinema abbiamo, come ho detto, Tarkovskij e Polanski ma se vogliamo andare sui tempi recenti mi è piaciuta molto la dinamica in The Lighthouse di Robert Eggers.

Una delle idee principali era proprio quella di andare a creare un RPG in cui il party fosse costituito dai tuoi coinquilini. La cosa bella è che ovviamente c’è un precario eqilibrio ideologico e politico tra i tuoi coinquilini che sono le persone più distanti possibili, quindi il giocatore si troverà un po’ in mezzo a questo racconto come se fosse una sorta di ambasciatore.

Un mediatore, dunque. In quanto tale, cosa può succedere? Ovvero, se io mi trovo a parteggiare per una delle due parti come la prende l’altra? Cosa comporta questo a livello narrativo ma soprattutto ludico?

Glasshouse è un gioco soprattutto di scelte, perciò ti potrei riassumere tutto rispondendoti Butterfly Effect: in un gioco dove le decisioni sono il punto cardine e in cui il rapporto causa-effetto è molto stretto, il PNG ricorderà le tue azioni e prima o poi ne dovrai pagare pegno. Non soltanto in termini narrativi ma anche di quest design. A questo proposito, vorrei spendere qualche parola: ciò a cui abbiamo lavorato è un quest design che unisce quello delle avventure grafiche con il CRPG. Questo ci ha permesso di struttura le missioni affinché possan essere risolte sia tramite le scelte più “classiche”, diciamo così, ovvero parteggiare per uno o l’altro lato, oppure utilizzando delle risorse che possiamo o non possiamo, in quel momento, avere con noi e dobbiamo recuperare.

Ti prendo l’esempio che hai potuto vedere nella demo: ti viene chiesto di recuperare un oggetto chiuso in una cassaforte. Il giocatore può riuscire a convincere la persona che ha nascosto l’oggetto a dargli la chiave attraverso una ramificazione dialogica, oppure può fare da sé e trovare un libro della conoscenza che sbloccherà un progetto per costruire grimaldelli. Così facendo sceglierà di stare nel mezzo, senza pendere da un lato o dall’altro. Avendo tu visto come funziona te lo posso spiegare meglio, perché di tratta di una delle scelte di game design di cui andiamo più fieri. In genere nei CRPG ci sono i riquadri di dialogo che svolgono la maggior parte del lavoro. In Glasshouse uno dei nostri primi obiettivi era proprio mitigare l’effetto wall of text rendendo questi stessi riquadri di dialogo degli elementi interattivi.

Mi spiego meglio. Non ci sarà solo la possibilità di risolvere enigmi o conversazioni a “colpi di dialogo”, il giocatore potrà anche, qualora possibile, accedere al proprio inventario per utilizzare eventualmente degli oggetti. Ci saranno addirittura dei casi in cui la narrazione sarà alternata da Quick Time Event, proprio per mitigare l’effetto di pesantezza che potrebbe venirsi a creare con blocchi e blocchi di testo da leggere. L’approccio dell’utilizzo degli oggetti, o comunque di un pensiero laterale per analizzare e risolvere le situazioni che ci troveremo davanti, contribuisce al backtracking e a espandere le possibilità interattive del gioco. Qulcosa che sul momento non vogliamo risolvere in un modo potremmo essere in grado di affrontarlo in seguito. Mescolare un po’ di avventura grafica al CRPG permette proprio di modellare la narrazione e renderla più interattiva, mantenendo il giocatore sempre sul chi vive. Ci piace definire questo approccio “esplorazione testuale”.

Molto interessante. Mi sembra inoltre di capire che l’aspetto survival è un po’ diverso dal solito.

Partiamo anzitutto dal fatto che il gioco non si ferma mai. Il fallimento non è un game over ma semplicemente un altro percorso che si apre di fronte a noi. Lo trovo molto accattivante perché determinate scelte dialogiche le puoi fare, per esempio, anche in base a come gestisci le risorse – e qui ci riallacciamo all’aspetto survival dal punto di vista del gameplay. In questo caso la sopravvivenza non è legata a un indicatore della fame o della sete da tenere sotto controllo quanto dalla risoluzione delle necessità legate al lockdown stesso. La stessa scelta di fare un survival in uno spazio chiuso era mirata a offrire un altro punto di vista sul genere. Qui non puoi uscire, non puoi andare a procacciarti le risorse: devi usarlo quello che l’ambiente intorno a te offre, compreso il tuo stesso appartamento. Mi piace molto dire che in Glasshouse si parte all’inizio con un bellissimo appartamento, una proprietà privata, poi a mano che ci si avvicina alla fine diventa una sorta di bunker anti-atomico perché nel frattempo si è andati a distruggere gli oggetti che ci circondano per trarre delle risorse… e questi, una volta distrutti, restano tali. Non si rigenerano per miracolo, quindi vedrai lentamente il ristretto mondo attorno a te cambiare con il progredire del gioco per rispondere a necessità da cui non puoi sottrarti.

Quante persone vivono in questo condominio, a parte noi?

Pensiamo a una decina di residenti, ciascuno dei quali per un motivo o per un altro, in un modo o nell’altro, viene portato avanti per buona parte della storia. E ognuno di loro si porta avanti per, immagino, se non tutta la narrazione, comunque una buona parte di di narrazioni in diversi modi. Assolutamente sì, anche perché in questa demo non è ancora stato implementato perché lo stiamo rifinendo grazie al feedback della community, ma prevediamo di introdurre il Political Compass: si tratta del corrispettivo delle classiche statistiche da RPG (forza, destrezza e via discorrendo) che qui però assume dei connotati ideologici. Il giocatore ha cinque ideologie fittizie, colonialismo, olisticismo, feudocratismo, confeudocratismo e anarchia. Completando le quest otterrà dei punti da distribuire come preferirà in queste ideologie, andando a costruire quella chen noi chiamiamo build politica.

Questo perché Glasshouse non è un gioco basato sui dadi ma sullo skill check: la randomicità degli eventi è stato il primo aspetto che volevamo eliminare nel gioco. Questi check sono ovviamente di tipo politico, perciò avere 5 punti in colonialismo significa avere il coraggio di compiere una determinata scelta che non avrei potuto fare altrimenti. In buona sostanza avere un’ideologia ti permette di comportarti, agire e reagire al mondo in modo diverso. Non tutti gli skill check però, se superati, portano a un esito positivo. I residenti sono tutti diversi tra loro, alcuni potrebbero essere schierati politicamente e altri no. Sta al giocatore leggere la situazione, attraverso i loro discorsi, e capire il tipo di linguaggio da utilizzare; non tutto può o deve sempre ricadere nel piano politico, perché potrebbe esserci chi da queste questioni vuole tenersi fuori e dunque bisogna evitare di spostare il focus su qualcosa che infastidirebbe l’interlocutore.

Prima hai parlato dell’assenza di game over, del fatto che ogni scelta, persino fallimentare, porta a una nuova strada lungo il nostro percorso. Detto terra terra, il gioco non ti permette di morire, oppure…?

Puoi morire, sì, ma il game over è una naturale estensione del gameplay. Glasshouse è strutturato come se fosse una tragedia greca. Hai un Regista, che è il narratore esterno, e hai anche il coro che invece funge da tutorial. Il narratore tratta questa storia come se fosse un piccolissimo screzio interno in una piccola bolla, come se fosse un palcoscenico che sta raccontando a noi spettatori. Le ambientazioni di Glasshouse sono infatti tagliate verso l’esterno come se chi viene da fuori potesse guardare all’interno. Quando il protagonista (l’attore) muore, va in un aldilà che per noi è rappresentato come se fosse una sorta di dietro le quinte: viene lì chiamato dal narratore e il giocatore, per la prima volta, ha la possibilità di parlare con chi finora, nella sua onniscienza, ha diretto e raccontato le sue gesta. Può chiedergli perché si sia ritrovato lì e decidere se fare un cosiddetto “reprise”, ovvero tornare sul palcoscenico, oppure concludere la scena e accettare la cosa come se fosse un vero e proprio finale. Volevamo evitare una banale schermata di caricamento, perciò abbiamo optato per una soluzione in cui attraverso il dialogo scegli di ricaricare la partita (reprise).

Uno, nessuno, centomila

Glasshouse è un gioco senza dubbio interessante, certo non semplice da gestire sia in virtù della sua natura RPG sia delle modifiche che gli sviluppatori hanno deciso di implementare per rendere l’esperienza un po’ più interattiva e meno legata alla costante lettura di un testo. Ci auguriamo di vederlo evolversi fino a diventare l’esperienza che FLAT28 vorrebbe. Se volete provare la demo, potete trovarla nel canale Discord sottostante.

Per sostenere o anche solo seguire i progressi del progetto, eccovi tutti i link del caso.

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