La contemporaneità sembra tendere al modello americano: si limita l’accesso alla conoscenza e all’istruzione attraverso barriere economiche.
In Italia, non dovrebbe essere lecito ostacolare il diritto degli studenti a istruirsi. La legge impone che l’accesso all’università sia per esempio garantito anche a chi ha difficoltà economiche. Ecco perché esistono le borse di studio, gli esoneri totali o parziali dalle tasse e le cosiddette tax-area (per ISEE sotto i 13.000 euro).
Nel nostro Paese sono anche previste riduzioni progressive delle tasse universitarie per famiglie con ISEE fino a 30.000 euro. Ciononostante ogni università può stabilire le proprie soglie e modalità di pagamento. Può farlo ignorando i principi costituzionali? In pratica, è già successo che degli atenei pubblici abbiano imposto aumenti delle tasse.
Decisioni che poi hanno colpito indiscriminatamente le fasce medio-basse. In questi casi siamo di fronte a una violazione del principio di equità. Eppure, nessuno si è preoccupato più di tanto. A protestare sono i diretti interessati: gli studenti.
Nei giorni scorsi l’UniGe, ovvero l’università di Genova ha deciso di aumentare le tasse universitarie fino al 10% per gli studenti con ISEE tra 65.000 e 100.000 euro, con rincari che possono arrivare a 300 euro all’anno. Si è trattato di un adeguamento al costo della vita, che secondo l’istituzione non veniva fatto da otto anni.
Un ISEE sopra i 65.000 può apparire alto… ma bisogna anche considerare le sfumature. Gli studenti con ISEE oltre i 30.000 euro, in genere, iniziano a pagare tasse universitarie piene o quasi, secondo le regole dei singoli atenei.
Oltre i 60.000 euro si è in pratica fuori da qualsiasi agevolazione. E ha senso, perché sopra questa soglia il nucleo familiare viene considerato dallo Stato nella fascia medio-alta, quindi non in condizione di bisogno. Ma gli studenti non ci stanno. Le associazioni Osa e Cambiare Rotta hanno infatti organizzato presidi e proteste davanti al rettorato, accusando l’ateneo di scaricare i tagli ministeriali sulle famiglie.
Il problema quindi non è tanto nel principio che fa pagare di più a chi ha di più, ma il taglio che il Governo ha imposto all’istruzione universitaria. L’FFO, ovvero il Fondo di Finanziamento Ordinario, che sostiene le università italiane, è stato tagliato di 500 milioni di euro dall’esecutivo Meloni. E ciò ha messo in difficoltà molti atenei, che ora stanno già cercando di compensare aumentando le tasse.
Ma quando lo Stato smette di investire nell’istruzione, non è solo un problema per gli studenti. È un problema per la società intera. E il pericolo reale è che l’accesso all’università diventi sempre meno equo, con una progressiva esclusione per le famiglie a reddito medio-basso. C’è anche un altro problema: le decisioni sono state prese senza un confronto pubblico chiaro. E gli studenti liguri accusano il rettore e la governance di essere complici di un sistema che preferisce finanziare la guerra piuttosto che l’istruzione.
This post was published on 28 Luglio 2025 18:53
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