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Octopath Traveler 0 è il capitolo che ridefinisce la serie | Recensione (PS5)

Square Enix in questi anni sta scegliendo di investire sempre di più in quella che ormai è diventata la sua estetica-simbolo, l’HD-2D, e stavolta possiamo riempirci gli occhi (e il cuore) con il nuovo-vecchio capitolo di Octopath Traveler 0, derivazione del vecchio Champions of the Continent per mobile, che ne riprende la struttura narrativa ma la ricostruisce in forma completamente single-player, privandola di elementi gacha e aggiungendo nuovi contenuti tra personaggi, storie e meccaniche.

La scelta ci ha incuriosito molto e già in fase di anteprima eravamo molto ben contenti delle novità offerte dal titolo, fermo restando che l’operazione restasse pur sempre una scommessa. Già nella nostra anteprima ci è sembrato come la volontà fosse quella di trasformare quel materiale già esistente in un racconto più ambizioso e coeso, al passo con il gaming più sedentario e meno mobile, ma soprattutto con un ritmo più lento e riflessivo.

Partire da zero

Il numero 0 di Octopath Traveler non è soltanto un riferimento cronologico nel senso di prequel dei primi due capitoli, ma anche un manifesto: per la prima volta nella serie, si parte davvero da zero: non ci sono più otto destini prefissati che si intrecciano tra loro… o meglio, ci sono anche questi, ma per la prima volta c’è anche un vero protagonista in cui il giocatore può identificarsi, un avatar del tutto personalizzabile. Con esso, c’è anche un villaggio da plasmare con le proprie scelte, Wishtale.

Questa sorta di doppio atto fondativo è probabilmente la vera grande novità narrativa di Octopath Traveler 0, in grado di spezzare per un po’ la monotonia e la pesantezza della coralità della storia in momenti in cui il giocatore può concentrarsi in attività per sé stesso e nella personalizzazione del villaggio.

Se l’incipit è intriso di una serenità quasi rituale, tra festival religiosi, danze e vita di comunità, la quiete però dura pochissimo. Octopath Traveler 0 sorprende con un tono più cupo di quanto ci si aspetti, con eventi drammatici che irrompono fin da subito nel prologo e senza alcun filtro, introducendo una carica tragica e matura che denota una scrittura più intensa, in grado di far sentire meglio il peso delle scelte, per quanto “effimere”.

Pur ereditano le strutture di Champions of the Continent, la riscrittura di Square Enix punta sicuramente a un equilibrio migliore tra storie personali e quadro generale, utilizzando il giocatore come cardine invece di farlo saltare continuamente tra personaggi predefiniti.

Quando però la storia comincia a ramificarsi, ecco che tornano i vecchi fantasmi della serie di Octopath Traveler: siccome ci sono così tanti archi narrativi che si mescolano tra loro, è sintomatico che alcuni vengano graditi meno di altri a seconda dei gusti del giocatore. Fin quando c’è una narrazione che rientra nella piacevolezza, ascoltare tutti i dialoghi e andare continuamente dai tanti punti A ai tanti punti B, sfidare midboss e boss di turno con più e più tentativi, diventa un’attività automatica che svolge comunque il compito di catalizzare la storia.

Quando invece capitano quelle storie che non soddisfano i propri canoni di gradimento, ogni minima attività diventa un ostacolo al prosieguo dell’esperienza generale, perché mal si sposa con la maturità e con la lentezza narrativa dei temi trattati. Per carità, ci sono anche tanti momenti di leggerezza, ma sono comunque diluiti in un mare di racconti impegnativi che è impossibile apprezzarli tutti nella loro interezza, proprio perché sono tanti. C’è anche il tasto skip per dialoghi e cutscene, ma il rischio è perdersi pezzi importanti della storia generale.

È da tenere a mente, quindi, che Octopath Traveler 0 non è un gioco per chi cerchi un JRPG moderno che insegue meccaniche action, ma è un prodotto mediatico che ha bisogno dei suoi tempi, un racconto che parla di radici, di traumi e di rinascita che va giocato con calma e impegno. In questo contesto lo sfruttamento della pixel art HD-2D non è solo un meccanismo nostalgico o una cifra artistica, ma anche un bellissimo contrasto poetico a un mondo narrativo molto crudele.

Attenzione: è necessario conoscere bene la lingua inglese o giapponese per un gioco del genere, data la vasta presenza di lunghi dialoghi e l’assenza di lingua italiana.

Ripartire da otto

Se dal punto di vista narrativo Octopath Traveler 0 cerca un nuovo inizio, il gameplay invece si muove con passo più misurato, quasi consapevole del peso della tradizione dei JRPG di cui Square Enix ha fatto scuola nei decenni.

Le basi del gameplay, infatti, sono quelle solide e riconoscibili che ormai la serie ha costruito negli anni, in particolare un sistema di combattimento a turni elegante e stratificato, fondato sull’alternanza tra Break e Boost, che continua a rappresentare il punto di forza dell’intero combat design.

Da questo punto di vista Square Enix non ha stravolto molto, ma ha perfezionato tempi, ritmi e leggibilità degli scontri, mantenendo quel miscuglio di immediatezza e profondità con cui si possono effettuare i combattimenti. Alcuni, tra l’altro, sono anche davvero tosti e costringono il giocatore a ripensare spesso le proprie strategie.

Emergono comunque novità mirate a rinfrescare la formula di gioco, con oggetti di trama di cui non vorremmo fare spoiler, che possono influenzare l’andamento di una battaglia, ma soprattutto con una nuova riconsiderazione del party che permette di avere in campo 8 unità in campo, divise a metà in prime linee e seconde linee, e che possono essere alternate a seconda delle proprie strategie.

Man mano che si aggiungono elementi al party si aprono sempre più spiragli strategici interessanti. Contando anche che, in totale, non è che avremo solo 8 personaggi da poter implementare nel party, ma di più!

Ad accompagnare c’è anche un’esplorazione in overworld e nei dungeon condita da segreti, risorse e collezionabili da recuperare, interazioni ambientali, navigazione in mare e, soprattutto, le Path Actions, azioni che possono essere svolte sulla maggior parte degli NPC in giro per il mondo e che sono in grado di stuzzicare un po’ tutti i giocatori a seconda degli output possibili, che possano essere compravendita e/o ottenimento di oggetti, o impieghi in combattimento per azioni sporadiche.

Il risultato complessivo è quello di un gameplay che non tenta di stravolgere quanto già assimilato nei precedenti capitoli, ma che cerca piuttosto di limare e perfezionare quanto già visto, di rifinirlo. Ciò che sorprende, quindi, non sono tanto le piccole innovazioni quanto la sicurezza con cui queste sono state aggiunte: Octopath Traveler 0 sembra sapere esattamente che tipo di gioco vuole essere: un videogioco che vuole recuperare l’anima più strategica e riflessiva dei combattimenti a turni e che non ha paura di mantenere intatte le sue fondamenta.

Un diorama tra luci soffuse e vecchie cicatrici

Dal punto di vista artistico Octopath Traveler 0 sembra muoversi su un filo sottile con estrema maestria: da una parte l’identità ormai marchio di fabbrica di Square Enix dell’HD-2D, dall’altra la consapevolezza che la formula, dopo così tanti anni e così tanti esperimenti, possa perdere un po’ l’effetto wow. Visivamente, Octopath Traveler 0 è immediatamente riconoscibile, forse un po’ meno “spinto” rispetto a iterazioni dell’HD-2D più recenti, ma è ancora capace di incantare.

Gli scenari sono quelli che ci si aspetterebbe da Orsterra: piccoli diorami illuminati da luci morbide, una pixel art curata al minimo dettaglio e animazioni essenziali ma sempre espressive. La resa complessiva appare leggermente più datata rispetto a quanto visto, per esempio, nel remake HD-2D di Dragon Quest I e II di poche settimane fa, soprattutto in termini di pulizia della texture e complessità degli effetti particellari, ma nel complesso tutto è in ordine e tutto convoglia alla perfezione il senso di nostalgia di cui l’HD-2D si fa promotrice.

Ciononostante, l’HD-2D di questo titolo sembra giocare una nuova parte più tematica: l’atmosfera più cupa del gioco assume un peso diverso proprio grazie alla resa visiva chibi e pucciosa, perché l’estetica nostalgica crea un forte contrasto con la brutalità e la crudezza di ciò che accade a schermo, un contrasto che è efficace tanto narrativamente quanto visivamente.

Sul piano sonoro va lodato il lavoro di Yasunori Nishiki e dell’intero team audio, grazie all’impronta orchestrale delicatissima e contemporaneamente epica che ormai è un marchio di fabbrica della serie. I nuovi temi composti nello specifico per questo progetto sembrano avere toni più gravi e intimi, coerenti con la direzione narrativa intrapresa.

Da notare anche un uso sapiente e maestoso di chitarre distorte all’interno dell’orchestrazione, come nei temi di battaglia, ma anche la tensione dei violini anche nei temi più tranquilli e sognanti. Questo è senza ombra di dubbio uno dei lavori più belli e intensi di Nishiki, si percepisce tutta la sua crescita e gli prospetta davvero un bel futuro negli anni a venire.

Anche gli effetti ambientali, tra fruscii e rumori naturali, costruiscono l’identità dei luoghi, così come accade per gli effetti delle abilità in battaglia, più incisivi e pieni della versione mobile da cui il videogioco deriva.

In sostanza non c’è un vero e proprio balzo tecnico neanche qui, ma un bel lavoro di rifinitura mirato a comunicare meglio l’esperienza di gioco di Octopath Traveler 0: una consapevolezza artistica più matura che mira a imbrigliare la maestosità dell’eredità dei JRPG classici in un’atmosfera più intima e tesa, dove la bellezza degli ambienti non serve più solo a celebrare la nostalgia del passato, ma anche a contrastare con un valore artistico ciò che viene raccontato.

Il coraggio di reinterpretarsi

Octopath Traveler 0 è un titolo che vive in un equilibrio particolare: da un lato porta con sé il peso di un’eredità, quella di una serie ormai riconoscibile a colpo d’occhio e quella della tradizione classica dei JRPG; dall’altro tenta con decisione di ridefinire il proprio spazio, sperimentando una struttura più personalizzabile e un rapporto diverso tra giocatore e mondo di gioco. Ed è proprio qui che forse si misura il suo valore: non nella volontà di innovare a tutti i costi, ma nella consapevolezza di reinterpretare sé stesso attraverso una visione più intima e meno dispersiva, nonostante la coralità del racconto. Il risultato è un capitolo che sembra star iniziando a capire cosa possa essere la serie di Octopath Traveler quando smette di seguire unicamente le sue tradizioni e comincia invece a dialogare davvero con chi lo gioca. Un’opera che suggerisce che, a volte, ripartire da zero non significa tornare indietro, ma scegliere una direzione più consapevole.

Voto finale 8.5

This post was published on 3 Dicembre 2025 12:00

Alessandro Colantonio

Game designer in erba e chitarrista a tempo perso. Nasce all'ombra del Vesuvio nel 1991, muove i suoi primi passi nel mondo dei videogiochi su un Windows 95 all'età di 5 anni, e diventa presto un Allenatore di Pokémon. Bazzica tra radio web e band durante i suoi studi universitari tra Napoli, Roma e Milano, si parcheggia nella fan-community di Pokémon Milennium dove instaura il suo regime dittatoriale da caporedattore, costruendo una macchina da recensioni e contatti e diventando inconsapevolmente PR. Oggi, oltre a prestare le sue dita a Player.it per articoli, recensioni e approfondimenti, figura anche come PR abusivo per il comparto giochi da tavolo e giochi di ruolo. I suoi generi preferiti sono i gestionali, gli strategici, i tattici e i GDR. Ma essendo un accumulatore seriale di videogiochi, cerca sempre di giocare ogni titolo che gli capita sotto mano. Fa parte anche del collettivo GDR Weirdoor e dell'organizzazione di Roll!Fest - Bracciano International RPG Festival.

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