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Recensioni

Little Nightmares 3 ci ricorda il peso dell’eredità e quanto è difficile, a volte, sfuggire agli incubi: la recensione

Ricordate gli incubi che facevate da bambini? Pensateci un attimo e teneteli lí, come se foste ancora nascosti sotto le coperte in attesa che il sole scacci via le tenebre. Scale infinite, creature oblunghe, mostri nell’armadio e scricchiolii, minuscoli, che nel buio diventavano la voce profonda del terrore. In realtà non esisteva niente di tutto questo, era solo il buio e l’immaginazione a trasformare una giacca e un cappello appesi al muro nell’uomo nero e bastava un fascio di luce a rivelare la verità.

La saga di Little Nightmares ha sempre avuto il potere di condensare tutto l’orrore degli incubi della nostra infanzia in una scatola dei giochi, dandoci la forza di andare oltre e di riuscire finalmente a guardare senza paura sotto il letto. Arrivati al terzo capitolo della serie però qualcosa, nella magia orrorifica messa in piedi da Tarsier Studios, si rompe e il passaggio di testimone con Supermassive Games non è dei migliori.

Un passo indietro, poi sempre a avanti

Per capire perché l’eredità di Little Nightmares ha avuto dei problemi, permettetemi di fare un piccolo passo indietro. Dopo i primi due Little Nightmares, (ma già dopo il primo), era chiaro che le opere di Tarsier Studios avessero creato un mondo profondo e ricco di lore che non si sarebbe esaurito con le avventure di Six e Mono, i bambini protagonisti dei primi episodi.

Cosí escono fumetti, podcast e viene annunciato persino un film in stop motion, tutti ambientati nell’affascinante universo di Little Nightmares, una realtà distorta, dove gli adulti sono esseri spregevoli e l’umanità è un incubo di orwelliana memoria diretto da un Tim Burton con una passione insana per la plastilina. L’unica speranza di questo mondo malato sono i bambini e in questi racconti satellite prendono forma proprio le storie di altri bambini, spesso incontrati come fantasmi nei capitoli principali.

Nasce cosí un vero e proprio franchising transmediale, universi narrativi che si incontrano e si scontrano, si evolvono e si plasmano a vicenda, passando da un media all’altro ampliando il materiale di partenza. Star Wars è un chiaro esempio di questa tipologia di prodotti che seguono però una regola fondamentale: se un prodotto fa parte del filone principale del franchising transmediale, questo continua la trama originale. Magari aggiunge personaggi, storie, linee narrative, ma continua il filone principale (proprio come tutti gli episodi di Star Wars che sono stati prima prequel, con Episodio I-II-III e poi sequel con Episodio VII-VIII-IX).

Ora avrete senz’altro capito dove voglio arrivare con questo discorso, quindi inutile girarci ancora intorno: Little Nightmares 3 non è il terzo episodio di una saga, ma il primo di qualcos’altro. È uno spin-off dei primi due capitoli, che riprende lo stile e qualche elemento dei giochi di Tarsier, ma non è Little Nightmares, o meglio, non è il terzo capitolo di Little Nightmares. Non continua la trama principale, non la espande in alcun modo. Non ci sono nemmeno gli stessi personaggi. E forse è proprio quel 3 nel titolo che mette l’avventura di Low e Alone in una posizione difficile.

Incubi sbiaditi

I due piccoli protagonisti, Low e Alone – Player.it

Il gioco inizia in medias res, in una necropoli desertica che porta l’orrore tetro a cui la saga ci ha abituati alla luce del sole. Mentre un vento impetuoso soffia tra le dune e tra le statue di coloro che un tempo erano esseri umani, un inquietante bebè gigante distrugge ciò che resta della necropoli, braccando i due nuovi protagonisti della storia, Low e Alone e tentando di trasformare in pietra anche loro.

I due bambini stanno andando da qualche parte, non sappiamo dove all’inizio, solo che sono arrivati da uno specchio e hanno una mappa da seguire. Il primo mondo concatena puzzle ambientali (di semplicissima risoluzione) e sezioni di platforming, il gameplay a cui i precedenti episodi ci hanno abituato, ma mostra anche le prime novità: un ombrello, con cui i piccoli eroi possono planare e cavalcare correnti d’aria e la possibilità di combattere.

Sull’ombrello non tornerò, anche perché viene utilizzato una manciata di volte in questo primo mondo e qui rimane. I personaggi però hanno degli strumenti che li caratterizzano e che possono usare sia per superare enigmi che per affrontare i nemici. Una possibilità che sin dal primo video di gameplay mi aveva messo una certa curiosità visto che solitamente in Little Nightmares si scappa, non si combatte.

Alone è dotata di una grossa e pesante chiave inglese che sarà utile per sfondare pareti, premere pulsanti e schiacciare fastidiosi avversari. Low in invece è dotato di un arco con cui colpire avversari volanti o interruttori lontani.

Nella necropoli iniziale ci sono numerosi muri da sfondare e interruttori da premere, ma i combattimenti, o meglio l’unico combattimento, richiede di colpire i nemici, dei grossi insetti volanti, prima con Low per atterrarli e poi con Alone per spiaccicarli al suolo. Non c’è una grossa strategia in questo, scoperto come abbattere il primo, gli altri sono una fotocopia del primo scontro.

Nemmeno il tempo di abituarsi a queste novità che la Necropoli termina, in maniera frettolosa e sconclusionata. Quello che è il boss di zona non viene sconfitto o affrontato, ma semplicemente abbandonato al suo girovagare mentre Low e Alone vengono trasportati da uno specchio al mondo successivo.

Rimango un po’ perplesso di questo brusco cambio di prospettiva, dicendomi però che sicuramente si tratta solo di un livello tutorial e che magari più avanti sarei tornato ad affrontare il gigantesco bebè, ma purtroppo non è stato così…

Occasioni sprecate

Una delle più belle fughe di Little Nightmares 3 – Player.it

Il gioco procede infatti per altri 3 mondi, più profondi del primo, ma con gli stessi identici problemi: gli enigmi, da sempre punto forte della saga, sono ridotti all’osso e spesso si riducono alla pressione di un pulsante. I combattimenti in tutta l’avventura si contano sulle dita di una mano e l’unico che richiede un briciolo di strategia in più da quanto descritto prima è quello finale. Ora chiaramente Little Nightmares non doveva diventare un action, ma avrei preferito vedere questa meccanica sviluppata piuttosto che inserita nel gioco senza un fine specifico. Infine, moltissime delle sezioni del gioco non sono altro che stanze su stanze che si attraversano semplicemente camminando.

In pratica la componente prettamente ludica appare opaca, quasi inesistente, così come i combattimenti coi boss che sono giusto un paio e la durata complessiva del titolo si attesta sulle 3-4 ore totali (comprensive di raccolta collezionabili). Non c’è nulla che spinga alla rigiocabilità e nulla che appaia davvero come una sfida, se non qualche salto e qualche sezione di fuga calibrate al millimetro che risultano però più snervanti che altro.

Questo spostamento verso il walking simulator fa male e a poco servono le poche idee inserite per rendere il tutto meno monotono. Nella Fabbrica di Caramelle ad esempio troveremo una torcia che ci aiuterà a far luce nell’oscurità, ma non c’è alcun enigma legato a questo oggetto, né un plus o un guizzo, cose a cui invece i precedenti capitoli ci avevano abituato.

Anche nel Carnevale, che è il livello più lungo e più riuscito, soprattutto visivamente, mancano idee importanti. Qui la mancanza di enigmi degni si fa sentire parecchio e il più delle volte basta saltare qua e là e scappare. In alcuni casi si dovrà raccogliere una chiave e poi nascondersi per sfuggire al cattivo di turno, ma a parte questo il motivo per cui magari si rimane bloccati non è la difficoltà di un puzzle, ma è data dalla non visibilità di una botola perché magari messa in un angolo troppo buio.

Nell’Istituto c’è forse una delle meccaniche più interessanti del gioco: il giocatore potrà infatti raccogliere un oggetto che riporta l’ambiente circostante a com’era un tempo. In questo modo si potranno attraversare le voragine di un corridoio o trovare una porta aperta invece che chiusa, ma anche in questo caso le idee sono minime e pure questa caratteristica non viene pienamente sfruttata.

L’idea generale è quindi quella di un gioco frettoloso, che non si prende il tempo di sfruttare al massimo il suo potenziale, con poche idee di gameplay che non convincono il giocatore proprio perché pare che nemmeno gli sviluppatori ci abbiano davvero creduto.

Carnevale, caramelle e interiora

Il quadro ludico dipinto da Little Nightmares 3 non è dei migliori, ma c’è una cosa che Supermassive è riuscita a traslare bene dal lavoro fatto da Tarsier: l’atmosfera.

Nonostante anche questa strizzi moltissimo l’occhio al lavoro visto nei capitoli 1-2, con alcune location e mostri simili, quella sensazione di terrore strisciante, di marcio e putrescente, che Little Nightmares ha imparato così bene a trasmettere, è intatta.

Lo sentiamo quando affondiamo in discariche di lecca lecca, lo vediamo quando osserviamo l’umanità obesa e distorta in fila per una sacchetto di pop-corn e lo avvertiamo quando siamo braccati da un essere oblungo, incastrato in un edificio decadente.

Il motore grafico fa il resto e restituisce tutte queste sensazioni amplificate, facendo avvertire al giocatore la solitudine del mondo raccontato, il torpore di quei mostri sprofondati nei loro corpi, goffi e inadatti ad una vita differente a quella incollata su una poltrona davanti ad un televisore.

Pur non riprendendo la stessa storia, pur catturando solo alcuni elementi dei due titoli principali, pur menomato delle sue principali funzioni, Little Nightmares 3 riesce ad essere disturbante, distorcendo e corrompendo la realtà in un modo unico e affascinante.

Un gioco che può deve essere giocato in multiplayer

Cooperare per vincere – Player.it

Si può avere paura in due? Little Nightmares 3 introduce, per la prima volta nella saga, la modalità multiplayer, un esperimento che non convince del tutto e mortifica la versione del gioco in singolo.

Noi abbiamo giocato metà avventura in singolo e metà in multiplayer, anche spinti da una sezione di combattimento persa più volte perché l’IA del compagno non assolveva al compito richiesto (lo scontro con le marionette).

L’esperienza in singolo è completamente suggerita dal computer. Il personaggio controllato dall’IA infatti si reca da solo nei punti utili a schivare gli attacchi, comincia a correre prima del tempo quando c’è da scappare, attiva interruttori ancora prima che il giocatore possa vederli. Capite bene che un aiuto continuo in un gioco in cui i puzzle sono già ridotti al minimo rende blanda tutta l’esperienza.

Ci troviamo quindi di fronte ad un gioco che non solo può essere giocato in due ma va ASSOLUTAMENTE giocato in 2 per non rovinarsi l’esperienza. Fortunatamente un possessore del gioco può invitare un amico a giocare senza problemi ospitandolo nella sua partita.

Da grande appassionato della saga, Little Nightmares 3 è stato una grande delusione. Un gioco davvero breve, che riprende l’atmosfera e poco altro dai precedenti episodi, innestando il tutto su un gameplay da walking simulator dove si corre verso la fine senza capire bene perché. Un gioco con una flebile forza narrativa che si aggrappa con tutto sé stesso al suo brand nella speranza di uscire indenne dagli incubi. Forse con un altro titolo sarebbe stato differente, ma il confronto con i suoi predecessori distrugge questo terzo capitolo che se davvero voleva essere tale doveva fare molto, molto di più.

VOTO: 6.5

This post was published on 8 Ottobre 2025 15:00

Simone Alvaro "Guybrush89" Segatori

Ritrovato in tenera età su una spiaggia pixelata le sue prime parole sono state "Voglio fare il pirata!" In mancanza di un vero galeone è partito all'arrembaggio del mare della rete depredando le conoscenze di ogni isola su cui è approdato: Ha scritto per Games, VGN, Adventure's Planet, Badgames, FlopTV, Cinefilia Ritrovata, Ridble e creato qualche video per la ciurma di Game Series Network. Nel mentre la taglia sulla sua testa è aumentata e dopo che l'Università di Viterbo lo ha ritenuto un pericoloso "Capitano della Comunicazione", l'Alma Mater Studiorum di Bologna lo ha classificato come "Minaccia Pirata esperta di Cinema, Televisione e Produzione Multimediale". Per circa un anno è quindi rimasto nascosto nella Cineteca di Bologna, gestendo dall'ombra l'Archivio Videoludico e organizzando anche un ritrovo piratesco conosciuto come Svilupparty. Dopo qualche tempo passato in mare tra cinema, fumetti, serie tv, libri, aspirapolvere e videogiochi, senza mai una vera casa, mette l'ancora alla fonda nella baia videoludica di Player.it, dove passa le giornate in compagnia di scimmie, balene e altri animali. Va spesso ad ubriacarsi nella taverna di Tom's Hardware, inoltre va all'arrembaggio di libri e fumetti su Frasix, di gadget e serie TV su Nospoiler e Cinematographe e svolge ricerche su antichi manufatti per conto di Ivipro. Il richiamo dell'oceano però lo trascina continuamente tra le onde e anche se non sa dove lo porterà il vento quello che conta davvero è il viaggio.

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