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Se NVIDIA oggi vale come una nazione europea lo dobbiamo soprattutto a questa “piccola” azienda videoludica che l’ha salvata venti anni fa

Ospite al podcast di Joe Rogan, il CE di Nvidia ha parlato di quando la società venne “salvata” dalla celebre compagnia videoludica giapponese SEGA.

Essere dei pionieri significa vedere il progresso dove altri vedono strumenti inutilmente complessi. Riuscire a identificare in una nuova tecnologia il seme di ciò che potrà essere il futuro di un determinato settore, è qualcosa di estremamente complicato e che rischia di muoversi su campi speculativi e non sempre efficaci. A volte però, la lungimiranza paga, come nel caso di NVIDIA.

Se NVIDIA oggi vale come una nazione europea lo dobbiamo soprattutto a questa “piccola” azienda videoludica che l’ha salvata venti anni fa (player.it)

NIVIDIA oggi rappresenta una delle aziende tech più ricche al mondo, una di quelle aziende da cui dipendono davvero le sorti di gran parte del mercato, vista l’influenza che ha nella costruzione e distribuzione di componentistica essenziale per il gaming e non solo. Ma come si potrebbe immaginare, la situazione non è stata sempre rosea come adesso e a ricordare i tempi più bui è stato Jensen Huang, CEO e fondatore di NVIDIA, che ha voluto ricordare un passaggio importantissimo nella storia della società.

Come SEGA ha salvato NVIDIA

Durante una puntata del podcast Joe Rogan Experience, Jensen Huang ha raccontato un episodio del passato che avrebbe segnato per sempre la storia di NVIDIA. Huang ha raccontato di quando, ormai quasi 33 anni fa, insieme agli amici Chris Malachowsky e Curtis Priem, fondarono la compagnia, con in testa quella che parse all’epoca “una buona idea”, ma che presentò subito alcune problematiche.

Hunag racconta di come, dopo aver fondato la compagnia, il team si rese conto del fatto che anche se gli hardware sviluppati potevano essere di livello, nel 1993 le problematiche da risolvere erano già a portata di normali computer in commercio, perché in fondo “se un normale computer non può risolverle, perché l’applicazione dovrebbe esistere?”.

Ed è questo punto che SEGA entra nell’equazione: all’epoca infatti, Nvidia stava portando avanti nuovi sistemi pensati per il rendering grafico 3D e proprio la celebre software house giapponese era al lavoro su una serie di progetti, come per esempio Virtua Fighter, che iniziavano a sfruttare la grafica 3D in ambito videoludico (che all’epoca si muoveva soprattutto entro le due dimensioni). Come raccontato anche nella biografia a opera di Tae Kim The Nvidia Way: Jensen Huang and the making of a tech giant, i vertici di Sega rimasero impressionati dal chip NV1, mostrato durante uno showcase.

A quel punto, Huang racconta dell’incontro avvenuto con i vertici di Sega, con l’intento di convincerli a investire ben 5 milioni di dollari sulla tecnologia di Nvidia. Un investimento importante, che avrebbe potuto significare credere in Nvidia o firmarne il fallimento. E le cose non andarono benissimo. La tecnologia sviluppata da Nvidia non andava bene e risultava già obsoleta e fu a quel punto che Huang ebbe un’idea.

Sfruttò infatti una clausola che garantiva 1 milione di dollari alla compagnia, se fosse riuscita a costruire un processore funzionante su una scheda madre che fosse la riproduzione esatta della scheda madre contenuta nel Sega Genesis e nel Mega Drive. Quel chip era l’NV2, che non venne mai utilizzato sulle console di Sega, ma che permise di continuare lo sviluppo: tra gente licenziata, team ridimensionato e quella piccola significativa entrata, Nvidia progettò il chip NV3 (noto anche come Riva 128) che grazie alla potenza e alla velocità fuori dal comune, vendette abbastanza bene, tanto da permettere all’azienda di continuare a esistere. Il resto, come si suol dire, è storia.

This post was published on 9 Dicembre 2025 21:00

Pietro Falzone

Redattore Appassionato di videogiochi sin dal sempre più lontano 2002, quando per festeggiare i 5 anni ricevette una copia di Crash Bandicoot per la prima PlayStation. Il richiamo dell'avventura digitale lo fece innamorare di un mondo fatto di pixel, più o meno definiti. E l'amore non si è mai fermato. Inizia così a tastare tutti gli aspetti del mondo videoludico. Tra le sue più grandi passioni, si piazzano in ordine gli MMORPG (con sempre meno per giocarli, purtroppo), gli sparatutto in prima persona e, doprattutto, giochi di ruolo single player. Così si spiegano le più di mille ore, spalmate sui vari titoli From Software, da Demon's Souls in poi. Dalla fine delle medie, scopre una nuova passione: la scrittura. E come se non bastasse, scopre che nel mondo c'è chi scrive riguardo ai videogiochi, come se fosse un lavoro vero. Cosa fare di due passioni del genere dunque? Inizia così la ricerca disperata del giusto vascello, che riuscisse a convogliare voglia di fare, idee e tempo. Dopo un periodo passato a peregrinare, tra siti e sitarelli, approda su Player.it dove trova una casa in cui convogliare idee e spunti, al fianco di un team solido e costruttivo.

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