Secondo Shuhei Yoshida, ex PlayStation, le produzioni giapponesi difficilmente riusciranno a stare al passo di quelle cinesi. I motivi dietro, mettono in luce diverse problematiche.
Cinesi e giapponesi sono nemici per natura, come gli scozzesi e altri scozzesi. Semi-citazioni dei Simpson a parte, quella tra Cina e Giappone è una rivalità antichissima, che nei secoli è cresciuta sempre più fino a trovare una stabilità dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Negli ultimi anni però, le tensioni hanno ripreso a crescere, fino a quando poche settimane fa, la neo Prima Ministra Sanae Takaichi ha riacceso le tensioni sul controllo di Taiwan.
Una lotta silenziosa, fatta anche di corsa all’industrializzazione in tutti i settori, videogioco incluso. Se è vero che il Giappone ha sicuramente una tradizione più antica, quando si parla di sviluppo videoludico, è anche vero che negli ultimi anni la Cina ha ingranato la marcia conquistando un posto d’onore nell’industria del gaming, con aziende che tra acquisizioni varie hanno iniziato la strada per entrare nel novero dei publisher più importanti al mondo. Basti pensare all’influenza di Tencent sul mercato occidentale o alle produzioni di MiHoYo.
E proprio dalle produzioni MiHoYo parte la considerazione elaborata dall’ex capo di PlayStation, Shuhei Yoshida.
Da quando Shuhei Yoshida ha lasciato la guida di PlayStation, non ha comunque fatto mancare la sua presenza nella discussione sull’industria del gaming. Una delle ultime considerazioni, espresse durante un’intervista alla testata 4Gamer, Yoshida ha parlato della software house cinese MiHoYo (Genshin Impact, Honkai: Star Rail e Zenless Zone Zero), mettendo in luce tanti aspetti di una realtà difficile da replicare.
Secondo Yoshida, è improbabile che le aziende giapponesi siano in grado di tenere testa con le produzioni cinesi e i motivi sarebbero diversi: prima di tutto, bisogna notare come le norme che regolano il lavoro, siano profondamente diverse tra i due Paesi, con la Cina che punta molto meno sulle tutele personali e molto più sulla produttività.
Yoshida precisa che:
“Quando ho parlato con i rappresentanti di miHoYo, abbiamo discusso di come sarebbe piuttosto difficile per gli sviluppatori giapponesi realizzare giochi allo stesso modo, per non parlare dei problemi legali che ne deriverebbero“.
Ma quali sarebbero i problemi legali a cui fa riferimento Yoshida? Tra tutte, spiccano gli orari di lavoro infiniti, meno tutele per i singoli lavoratori e l’aver creato “un ambiente che consente di assumere un gran numero di personale in grado di lavorare per molte ore“. Tutti aspetti che Yoshida ritiene impossibili da replicare nel mercato giapponese – e viene da chiedersi se nel farlo, provi vanto per le migliori condizioni umane o invidia per una cresciuta industriale impari.
Forse un mix di entrambe le cose, come può trasparire da quest’altra dichiarazione:
“La velocità di sviluppo in Cina è incredibile. Sono anche veloci nel cambiare il personale e tutto il lavoro di sviluppo dei giochi si svolge rapidamente”.
This post was published on 8 Dicembre 2025 21:00
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