Sulla carta 9 Years Of Shadows ha un potenziale notevolissimo: pixel art stupenda, costruzione del mondo interessante e sopratutto colonna sonora curata da due vere leggende del passato. Da una parte la leggendaria Michiru Yamane, compositrice dietro buona parte delle colonne sonore dei migliori Castlevania, dall’altra invece Norihiko Hibino, compositore giapponese noto per aver composto le colonne sonore di Metal Gear Solid 2 e Zone Of The Enders.
Eppur eppure a volte non bastano belle musiche per fare un capolavoro, anche se riescono quasi a reggersi sulle spalle il peso dell’intera esperienza. Scopriamone di più all’interno della recensione di 9 Years Of Shadows, il visivamente incredibile metroidvania di Halberd Studios.
La base a cui 9 Years of Shadow guarda è abbastanza semplice da identificare: l’esplorazione tipica dei metroidvania ibridata a un videogioco a scorrimento laterale, con un sistema di combattimento semplice e grandi atmosfere da assaporare. Il gioco in questione è la storia di Europa, una giovane donna che vive in un mondo che ha perso i colori a causa di una potente maledizione. Dopo nove anni dall’arrivo della maledizione, la nostra decide di avventurarsi all’interno del castello colossale di Talos con il preciso obbiettivo di ripristinare proprio i cromatismi nel mondo e per farlo si farà aiutare da un nutrito numero di compagni su cui spicca il carinissimo Apino, uno spiritello che abita un orsacchiotto di pezza.
Apino non è un semplice orsacchiotto, bensì è un potente spiritello capace di respingere la maledizione dei colori e di combattere attraverso raggi energetici, lasciando a Europa il compito di affrontare i propri avversari all’arma bianca. Tutto questo si innesta all’interno di un tradizionale viaggio dell’eroe che si dipana lungo il grande castello di Talos e alcuni dipinti magici che lo popolano, visitabili dalla nostra eroina e spesso dotati di alcuni degli scorci più affascinanti del gioco dal punto di vista prettamente visivo.
Il rapporto tra Europa e Apino è anche uno dei cardini del gameplay del gioco, oltre che una delle idee davvero interessanti proposte da Halberd Games. Invece di avere una classica barra degli HP quantizzata, Europa ha due singoli punti vita e una barra “dell’armatura” che è condivisa con l’energia che Apino utilizza per generare i suoi attacchi. A barra esaurita, i due protagonisti possono eseguire un rituale per recuperare la maggioranza di questi punti, creando quindi un interessante equilibrio di gioco simile a quanto visto in Hollow Knight.
Durante le bossfight, ad esempio, questa scelta diventa incredibilmente interessante in quanto costringe il giocatore a capire in quali momenti dedicarsi all’offensiva e in quali cercare uno spot per poter eseguire il rituale di cura. Anche nell’esplorazione questa scelta sembra vincente, abbassando il livello di difficoltà degli scontri e tenendo l’accento sulla parte platforming dell’esperienza. Purtroppo il sistema di combattimento non sembra sostenere in maniera adeguata questa scelta, per un semplice problema: non c’è un granchè da fare.
9 Years Of Shadow si presenta come un videogioco ispirato a tutto l’universo dei metroidvania senza però assorbire granché dei metroidvania migliori in termini di sistema di combattimento. Europa padroneggia una potente alabarda che può vantare un attacco leggero e un attacco pesante, a cui poi sommare un colpo caricato o una schivata all’indietro per utilizzare gli attacchi a distanza di Apino.
L’arsenale a singola arma è leggermente variegato dalla presenza delle armature cromatiche, chiaramente ispirate ai Cavalieri Dello Zodiaco (quando visibili nelle art del gioco sono oggettivamente bellissime) e capaci di sfondare le difese cromatiche dei nemici circondati dalle aure colorate; tutte idee e intuizioni interessanti, certo, ma non corroborate da un contesto funzionale.I nemici, ad esempio, sono pochi in varietà e mai abbastanza aggressivi, tutti eliminabili comodamente dalla distanza con Apino per di più. La situazione cambia in meglio nelle bossfight, che sono meccanicamente molto più complesse e anche discretamente interessanti ma comunque queste rappresentano la minoranza dei momenti di gioco.
Contestabile anche la gestione del level design e della progressione, che nonostante tutte le premesse simil-metroidvania, soffre di una linearità inconcludente. Le ambientazioni di Talos sono tutte veramente bellissime (sul comparto tecnico ci torniamo dopo) ma sono strutturate secondo schemi semi-lineare che stridono davvero con le potenzialità del genere del metroidvania, non incentivando veramente il giocatore all’esplorazione e valorizzando in maniera davvro poco interessante un eventuale backtracking.
Durante il corso della nostra avventura, Europa troverà le sopracitate armature in grado di poter aprire porte colorate ma sarà anche in grado di mutare forma: una sirena per nuotare, un serpente per strisciare nei cunicoli, una fenice per planare su lunghe distanze; tutto interessante, se non fosse che questi poteri sono utilizzati un po’ poco per giustificare il backtracking, a cui si somma un dettaglio non da poco: le ricompense sono spesso narrative e quasi mai riescono davvero a soddisfare il giocatore, visto che non portano a nuovi contenuti e aree di gioco.
Il risultato finale è quello di un gameplay che si può ampiamente migliorare e che, al netto di qualche idea interessante, presenta criticità evidenti, probabilmente figlie della natura “opera prima” di 9 Years Of Shadows.
Dopo 9 Years Of Shadows si presenta fin da subito come un fuoriclasse è nel suo comparto tecnico e artistico.
Il titolo è un videogioco a scorrimento orizzontale realizzato con una pixel art di altissima qualità, che sfrutta in maniera super saggia gli effetti di parallasse e i cromatismi per tratteggiare un mondo che ha un colpo d’occhio davvero impressionante. Di grande pregio sono anche le illustrazioni full screen dei personaggi, che compaiono in alcuni momenti della trama o durante alcune particolari schermate di caricamento; per quanto il character design sia davvero debitore di certo Giappone (vedi il design delle armature che sembra davvero preso in prestito da Kurumada e il suo Saint Seiya). D’altrettanto elevato livello qualitativo è la colonna sonora, di Miguel Hasson con brani spot realizzati appositamente dai sopracitati Yamane e Hibino, che compaiono come guest NPC all’interno del gioco, aiutando Europa nelle sue avventure.
Parliamo di canzoni con quel quid innegabile: synth a non finire, ritmiche tra rock e jazz, atmosfere goticheggianti con un utilizzo veramente sopraffino della melodia per tratteggiare i ricchi colori del comparto visivo. Portrait of Hope, una delle prime canzoni che si sentono all’interno del gioco, è un ottimo riassunto di quanto appena descritto, con una grande ariosità. Interessante nota di colore: tutta la strumentazione digitale utilizzata per l’occasione non è stata accordata secondo gli standard, bensì accordata utilizzando come riferimento l’intonazione scientifica a 432 Hz!
9 Years Of Shadow è un gioco che vive di contrasti: da una parte un comparto tecnico e artistico di alto livello, con una grandissima pixel art e una colonna sonora che è una sorpresa, dall’altra un gameplay e un level design che non sembrano al passo con i tempi e che, anzi, rischiano di far stancare il giocatore prima della fine. Per essere una prima esperienza Halberd Studios ha dimostrato di sapere il fatto suo e di avere in sé i semi del successo, ma non dovrà aver paura di abbracciare la complessità nel suo prossimo gioco. Chi è alla ricerca di un metroidvania semplice e gestibile, in 9 Years Of Shadows troverà qualcosa che fa decisamente al caso suo.
Voto finale: 7
This post was published on 30 Luglio 2025 23:00
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